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Blog di l.marton

Locazione e abusi edilizi in rapporto alla responsabilità del conduttore e del proprietario. Consiglio di Stato n.3897 del 7 agosto 2015

31 Luglio 2016 , Scritto da l.marton

Locazione e abusi edilizi in rapporto alla responsabilità del conduttore e del proprietario. Consiglio di Stato n.3897 del 7 agosto 2015

Il contratto di locazione si caratterizza per la possibile emersione di rapporti multilaterali in cui, alla piattaforma di base, si aggiunge il contributo reso da dei soggetti-terzi di natura privata o pubblica. Oggi si assiste ad una attenzione verso i rapporti fra p.a. e privati tanto da definirne tutti gli aspetti, tenendo conto delle coordinate indicate dall’art 7 c.pa.

La p.a., infatti, interviene nei confronti dei privati principalmente come autorità. Ciò accade, fra l’altro, nell’ambito del controllo del territorio e nella lotta contro gli abusi edilizi che sovente conduce alla emanazione di provvedimenti di ripristino dello stato dei luoghi post accertamento di una o più lesioni della normativa ad hoc. In tale solco si colloca la vicenda indagata dal Consiglio di Stato, Sezione VI, con la sentenza n.3897 del 7 agosto 2015 che si sofferma sulla condotta del proprietario per evitare la propagazione degli effetti degli abusi edilizi compiuti dal locatario. La fattispecie nasce da un abuso edilizio realizzato, in presenza di un contratto di locazione, dal conduttore e contestato dal comune competente sia al locatore che al locatario ed impugnato solo dal secondo. A cui fece seguito un provvedimento di acquisto del bene alla mano pubblica. Il TAR si pronunciava sulla fattispecie rigettando il ricorso perché lo reputava inammissibile in quanto l’atto presupposto di ripristino dello stato dei luoghi risultava essere oramai non più impugnabile per decorrenza dei canonici termini di impugnazione. Asseriva che le censure formulate dovevano essere promosse verso quell’atto e non verso l’atto di acquisto e statuiva che“l’estraneità del proprietario rispetto agli abusi del conduttore può ritenersi solo quando questi si sia attivato per impedire o eliminare l’abuso”. In sostanza riemerge nella fattispecie un rapporto fra atto presupposto (ripristino dello stato dei luoghi) e conseguente (acquisto al patrimonio comunale del bene). Rapporto che implica la regola della impugnazione del primo atto in maniera tempestiva a pena di decadenza dalla azione e che produce un effetto di inoppugnabilità del provvedimento. Effetto che sana gli eventuali vizi dell’atto a monte e permette una impugnazione dell’atto conseguente solo per gli eventuali vizi che questo ultimo può presentare. Ciononostante il ricorrente adiva il Consiglio di Stato deducendo la lesione del principio di tipicità per via della presenza di una sanzione fondata su di una condotta altrui. La decisione del Consiglio di Stato, invece, respinge le censure mosse dall’appellante e conferma la posizione presa dal giudice di primo grado. Aggiunge, inoltre, che le censure mosse dall’appellante risultano essere tutte fondate su di una indagine dell’atto presupposto e non su quello di acquisizione, formalmente impugnato in sede di appello.

La corte inoltre indaga la portata della tesi atta a riconoscere la estraneità del proprietario rispetto agli abusi commessi dal conduttore. Il Consiglio di Stato in merito sancisce che il tipo di comportamento del proprietario capace di provare la estraneità di questi rispetto a quanto realizzato dal conduttore in pendenza di un contratto di locazione. Specifica che il proprietario deve provare di aver messo in atto una serie di iniziative tali da dimostrare il suo dissenso rispetto alla condotta tenuta del conduttore. Determina che tale estraneità consegue solo in presenza di un comportamento attivo di carattere ultimativo nei confronti del conduttore, reputando insufficiente la mera dichiarazione di dissenso verso tali attività abusive. Non a caso richiama anche la risoluzione del contratto che sembra costituire la prova principale per il proprietario capace di ricorrere ad uno strumento che trova la sua fonte nell’inadempimento della controparte. Da ciò discende che tutte le condotte meramente passive tenute o tutte le mere dichiarazioni di intenti, anche conformi all’operato della p.a., non seguite da alcuna condotta materiale o giuridica atta a eliminare l’abuso non sono reputate idonee all’estraneità desiderata. In sostanza si deduce una sorta di concorso del proprietario all’abuso realizzato, tale da non impedire l’acquisto del bene alla mano pubblica. Ciò, peraltro, risulta essere coerente, per la corte, con il bilanciamento fra gli interessi in gioco. Pertanto, in presenza di abusi edilizi riconoscere la estraneità e la conseguente tutela della proprietà in virtù di mere dichiarazioni non seguite da comportamenti attivi e ultimativi rischierebbe di rendere inefficace la tutela degli abusi edilizi al punto di esautorare la normativa in materia e il nobile scopo che sottende. In sostanza si perviene ad un congruo bilanciamento laddove il soggetto è posto in condizione di provare la sua condotta diligente e attiva così da sancire una frattura fra la partecipazione e la estraneità rispetto l’abuso commesso da un soggetto conduttore.

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